"Zoe. Lei è Zoe." disse la madre della bambina.
"Ah, allora è lei la mia piccola paziente?" chiese il pediatra.
"Sì.".
La voce della madre era dura come una sentenza.
"Bene" continuò il pediatra "però ho bisogno di parlare da solo con la piccola."
La madre, stringendo a sé la sua borsa, stava per ribattere a quello che le sembrava un affronto.
Si morse le labbra e alla fine se ne andò sbattendo la porta e sedendosi nella sala d'aspetto.
Il pediatra si rivolse ancora a Zoe:
Il pediatra si rivolse ancora a Zoe:
"Prego, siediti pure" e così la bambina fece, obbediente come un piccolo soldato.
"Allora, Zoe" chiese il pediatra "mi hanno detto che tu non parli. E' così?"
"Allora, Zoe" chiese il pediatra "mi hanno detto che tu non parli. E' così?"
E la piccola lo guardò con uno sguardo vuoto che uno non si aspetterebbe da una bambina che ha circa sei anni.
Il pediatra aveva sentito parlare di bambini affetti da mutismo selettivo. Chissà se anche Zoe lo era.
La bambina continuava a guardarlo eppure non lo fissava. Il suo sguardo lo attraversava come se lui non ci fosse.
Al pediatra non restava che smettere i panni del dottore per cercare di avvicinarsi alla bambina. Perciò si discostò dalla sua scrivania e si mise di fronte alla bambina.
"La sai una cosa?" le chiese.
Lo sguardo di Zoe continuava a guardarlo come se non avesse importanza, ma lui continuò.
"Conosco una bambina che non parla proprio come te. Però lei ha un buon motivo per farlo. E lo sai perché?"
Nessuna reazione.
"Non parla perché deve salvare i suoi fratelli. Se lei lo facesse, loro morirebbero."
Alla parola 'morirebbero', Zoe ebbe un tremito e, seppur minimo, fu evidente agli occhi del pediatra. Davvero la bambina aveva capito il senso della frase?
Comunque c'è stata una reazione.
"Inoltre questa bambina, che si chiama Elisa, deve cucire dei vestiti con l'ortica per ridare ai suoi fratelli trasformati in cigni l'aspetto di essere umano e devi sapere che l'ortica fa male se viene toccata. Ti bruciano le mani. E lei non può parlare né fare un piccolo verso, neanche di dolore. Se no i suoi fratelli morirebbero."
Il pediatra fissò ancora la bambina aspettando una sua reazione.
Aveva perso quasi ogni speranza quando...
"E poi?"
Zoe parlò e lo stesso pediatra ne fu sorpreso tanto da chiedere: "E poi cosa?"
"Li ha salvati?" chiese la bambina.
Il pediatra fu entusiasta e rispose sorridendo: "Sì, li ha salvati."
La bambina rimase lì in un attimo di silenzio. Si vedeva che stava ripensando a quello che le era stato detto e, non soddisfatta, chiese perché i fratelli erano dei cigni.
Quando il pediatra rispose che era stata la matrigna, Zoe guardò indietro:
"La mamma deve restare ancora fuori?"
Al pediatra non sfuggì questa domanda e fece richiamare la madre.
La bambina ritornò a fissare il vuoto. Niente in quella stanza aveva importanza per lei.
Per il pediatra era ormai evidente e così disse alla bambina:
"Zoe, ti andrebbe di vedere la nostra nuova sala giochi? Adesso chiamo qualcuno che ti ci porti."
Telefonò e poco dopo venne un'infermiera che prese con sé la bambina, completamente irremovibile nella sua espressione vuota.
Appena la bambina si allontanò, il pediatra fece accomodare la madre e le disse:
"Signora, sua figlia prima mi ha parlato."
"Cosa?!"
La madre era esterrefatta. Come sua figlia ha parlato?!
"Ma allora, è normale?!"
"E' una bambina, tutto qui." rispose il pediatra.
"Sì, quello che volevo dire è che non ha un ritardo, non ha niente, giusto?!"
"Non credo. Si potrebbero fare degli esami più mirati, dei test, ma da quel poco che mi ha detto, ho potuto intuire che ha comprensione di quello che le si dice, capacità di ragionamento e di rielaborazione. E' una bambina sveglia."
"Allora perché non mi parla? Scommetto che lo fa apposta!" sbottò la madre.
Il pediatra la guardò a lungo perplesso.
Non poteva restare zitto.
"Chiedo scusa signora, ma lei cosa pensa di sua figlia? Veramente pensa che sua figlia faccia tutto questo perché desidera ingannarla? Davvero lo pensa?"
La madre tacque, ma in lei crebbe una rabbia: questo signore, sconosciuto per giunta, stava dubitando del suo valore di madre.
"E lei cosa ne può sapere? Ha dei figli? Sa che cosa vuol dire crescere una bambina e nello stesso tempo non riuscire a capirla?"
Il pediatra ci pensò un attimo. Certo, capiva la difficoltà di essere dei genitori, ma nello stesso tempo aveva visto genitori che crescevano bambini come se fossero delle marionette, sempre pronti ai desideri dei grandi.
"Ma ci ha provato? Ha provato a capirla?"
"E come faccio? Io lavoro, torno a casa e sono stanca."
La voce della madre era rotta sia dalla rabbia sia dal pianto, ma soprattutto era una questione di orgoglio.
"Signora, calmiamoci un attimo." disse il pediatra. "Noi siamo qui per aiutare Zoe, sua figlia. Evidentemente, ci sono delle cose che la preoccupano."
La madre ansimò un attimo come se fosse appena uscita da una battaglia che non intendeva perdere e prontamente chiese: "Chi ha le preoccupazioni?!"
"Sua figlia."
Mia figlia ha le preoccupazioni e io no? questo pensò la madre.
Era troppo!
Si alzò di scatto e ruggì: "Ma cosa ne può sapere mia figlia delle preoccupazioni se è solo una bambina?!"
Il pediatra era intimorito e cercava di chiarirsi: "No signora, io non sto dicendo questo. Sto solo dicendo che Zoe sente che qualcosa non va."
"Io ho le preoccupazioni!" urlò la madre "Lei sta benissimo! E' solo una bambina viziata. Sì, sono convinta che lo faccia apposta perché mi vede star male e desidera punirmi perché non sto mai con lei. E sa una cosa? Lei è un incompetente e lo dirò anche con le mie amiche. Mi avevano parlato bene di lei, ma evidentemente non è così."
Con la stessa veemenza con la quale investì il pediatra, se ne andò sbattendo la porta.
Dopo il pediatra la seguì, aprì la porta e vide che in realtà la bambina stava aspettando la madre in una sedia accanto.
La madre la guardò e afferrò il polso della bambina trascinandola per tutto il corridoio.
Tutti quanti guardarono la scena e nessuno fermò la madre, nessuno le disse niente perché tanto era qualcosa che riguardava lei e non loro.
La bambina è sua figlia e non la loro.
Il pediatra non fece in tempo a fare qualcosa, ritornò nel suo studio, si sedette e fissò anche lui il vuoto.
"Sono diventato pediatra perché avevo intenzione di curare i bambini, ma mi chiedo se a essere curati sono i loro genitori."
La bambina ritornò a fissare il vuoto. Niente in quella stanza aveva importanza per lei.
Per il pediatra era ormai evidente e così disse alla bambina:
"Zoe, ti andrebbe di vedere la nostra nuova sala giochi? Adesso chiamo qualcuno che ti ci porti."
Telefonò e poco dopo venne un'infermiera che prese con sé la bambina, completamente irremovibile nella sua espressione vuota.
Appena la bambina si allontanò, il pediatra fece accomodare la madre e le disse:
"Signora, sua figlia prima mi ha parlato."
"Cosa?!"
La madre era esterrefatta. Come sua figlia ha parlato?!
"Ma allora, è normale?!"
"E' una bambina, tutto qui." rispose il pediatra.
"Sì, quello che volevo dire è che non ha un ritardo, non ha niente, giusto?!"
"Non credo. Si potrebbero fare degli esami più mirati, dei test, ma da quel poco che mi ha detto, ho potuto intuire che ha comprensione di quello che le si dice, capacità di ragionamento e di rielaborazione. E' una bambina sveglia."
"Allora perché non mi parla? Scommetto che lo fa apposta!" sbottò la madre.
Il pediatra la guardò a lungo perplesso.
Non poteva restare zitto.
"Chiedo scusa signora, ma lei cosa pensa di sua figlia? Veramente pensa che sua figlia faccia tutto questo perché desidera ingannarla? Davvero lo pensa?"
La madre tacque, ma in lei crebbe una rabbia: questo signore, sconosciuto per giunta, stava dubitando del suo valore di madre.
"E lei cosa ne può sapere? Ha dei figli? Sa che cosa vuol dire crescere una bambina e nello stesso tempo non riuscire a capirla?"
Il pediatra ci pensò un attimo. Certo, capiva la difficoltà di essere dei genitori, ma nello stesso tempo aveva visto genitori che crescevano bambini come se fossero delle marionette, sempre pronti ai desideri dei grandi.
"Ma ci ha provato? Ha provato a capirla?"
"E come faccio? Io lavoro, torno a casa e sono stanca."
La voce della madre era rotta sia dalla rabbia sia dal pianto, ma soprattutto era una questione di orgoglio.
"Signora, calmiamoci un attimo." disse il pediatra. "Noi siamo qui per aiutare Zoe, sua figlia. Evidentemente, ci sono delle cose che la preoccupano."
La madre ansimò un attimo come se fosse appena uscita da una battaglia che non intendeva perdere e prontamente chiese: "Chi ha le preoccupazioni?!"
"Sua figlia."
Mia figlia ha le preoccupazioni e io no? questo pensò la madre.
Era troppo!
Si alzò di scatto e ruggì: "Ma cosa ne può sapere mia figlia delle preoccupazioni se è solo una bambina?!"
Il pediatra era intimorito e cercava di chiarirsi: "No signora, io non sto dicendo questo. Sto solo dicendo che Zoe sente che qualcosa non va."
"Io ho le preoccupazioni!" urlò la madre "Lei sta benissimo! E' solo una bambina viziata. Sì, sono convinta che lo faccia apposta perché mi vede star male e desidera punirmi perché non sto mai con lei. E sa una cosa? Lei è un incompetente e lo dirò anche con le mie amiche. Mi avevano parlato bene di lei, ma evidentemente non è così."
Con la stessa veemenza con la quale investì il pediatra, se ne andò sbattendo la porta.
Dopo il pediatra la seguì, aprì la porta e vide che in realtà la bambina stava aspettando la madre in una sedia accanto.
La madre la guardò e afferrò il polso della bambina trascinandola per tutto il corridoio.
Tutti quanti guardarono la scena e nessuno fermò la madre, nessuno le disse niente perché tanto era qualcosa che riguardava lei e non loro.
La bambina è sua figlia e non la loro.
Il pediatra non fece in tempo a fare qualcosa, ritornò nel suo studio, si sedette e fissò anche lui il vuoto.
"Sono diventato pediatra perché avevo intenzione di curare i bambini, ma mi chiedo se a essere curati sono i loro genitori."
2 commenti:
Bellissimo questo capitolo. Mi è piaciuto proprio tanto, forse perché ho studiato il mutismo selettivo o perché ho spesso visto bambini esternare nei modi più vari le colpe delle negligenze dei grandi. Un abbraccio alla piccola Zoe.
Il tuo commento mi ha reso felice. E' stato un capitolo duro da scrivere per me perché qui non si tratta più del mondo di Aulonia, ma di quello reale. E poi, anche se ho comunque un interesse verso il mondo dei bambini, non sono un medico quindi ho fatto una ricerca prima.
Grazie mille Romina.
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